La Cavalleria nella seconda guerra mondiale

Si giunge così al secondo conflitto mondiale, nel quale la cavalleria entra con tredici reggimenti ed un gruppo a cavallo (i “Cavalleggeri di Sardegna”), i tre gruppi squadroni carri leggeri (gli ex carri veloci) e con le truppe coloniali libiche ed etiopiche, anch’esse a cavallo. In questa fase storica, nella quale, nella storia dell’umanità si iniziano ad approntare le prime bombe atomiche, essa continua a combattere prevalentemente a cavallo e con le sciabole, sia pure integrate parzialmente con armi automatiche. Inoltre fornisce ufficiali e sottufficiali al nuovissimo corpo dei paracadutisti, cui offrono il generoso ardimento di cavalieri, Gastone Simoni, Costantino e Carlo Marescotti Ruspoli di Poggio Suasa, Alberto Bechi Luserna, per citare solo le medaglie d’oro alla memoria. Nella campagna di Grecia, in cui si svolgono gli scontri più cruenti, si distinguono “Aosta”, “Milano” e le “Guide”. In Jugoslavia il Corpo d’Armata Celere in Otto giorni lancia i suoi nove reggimenti fin nel cuore del paese.

Le varie unità si distinguono poi nella lotta contro la guerriglia insorgente, che provoca uno stillicidio di scontri e di perdite. È in questa fase, ottobre 1942, che avviene, ad opera del reggimento “Alessandria”, l’ultima, anche se poco nota, carica di cavalleria, nella zona di Poloy durante la quale tutti gli squadroni del reggimento. Stendardo in testa, in successione, riescono con la violenza e l’impeto dei loro assalti a disorientare un nemico molto numeroso e assai ben armato ed appostato e ad uscire dall’accerchiamento.

Precedentemente nell’estate del 1941, la 30 Divisione Celere, di cui fanno parte “Savoia”, “Novara”, il 30 bersaglieri, il reggimento artiglieria a cavallo ed il gruppo carri veloci “San Giorgio”, viene inviato per via ferrata in Ungheria e poi per via ordinaria sul fronte russo.

Dopo una marcia di mille chilometri su piste malagevoli, raggiunge il Dnjepr, dove si schiera in linea a difesa di un vasto settore. Poi, forzato il fiume, combatte contro forti retroguardie, raggiungendo Stalino in condizioni ambientali difficilissime per il fango che blocca gli automezzi, ma i cavalli in questa operazione, in questo clima ed ambiente si prendono una loro personale rivincita, e la divisione avanza attraverso vasti territori fino al bacino minerario del Donez. Nelle operazioni invernali del 1941 – 1942, con il termometro che tocca punte fino a 40-45 gradi sotto zero, reparti di “Novara” e del gruppo “San Giorgio”, lasciati i cavalli ed i carri, concorrono alla chiusura della sacca di Izyum, aperta dalla controffensiva che i sovietici lanciano a sud di Charkow, mentre il 20 squadrone “Savoia” con i cavalli più resistenti tiene un importante collegamento, meritando la nomea di squadrone fantasma. A “Novara”, “Savoia” e “San Giorgio”, per questo primo ciclo operativo, vengono assegnate rispettivamente la medaglia d’argento al primo e quella di bronzo agli altri due.

Durante la primavera, con due reggimenti “Savoia” e “Novara”, quello di artiglieria e il III gruppo “San Giorgio”. si costituisce il “Raggruppamento a cavallo” che si distacca dalla divisione, partecipando alle operazioni offensive che mirano a raggiungere il Don.

In agosto il raggruppamento viene impiegato per concorrere ad arrestare l’attacco dei russi. A “Savoia” e “Novara” viene affidata la difesa dell’intervallo fra i pilastri di Jagodnij e di Tschebotarewskij, unitamente al compito di manovrare sui fianchi delle colonne avversarie. In questi luoghi si assiste quindi ad un susseguirsi di azioni che culminano con l’attacco di “Novara”, con squadroni appiedati e carica e cavallo, a Jagodnij, e con la celebre carica di Jsbuschenskij, da parte di “Savoia”,ritenuta che comunemente ma anche erroneamente l’ultima carica a cavallo della storia, in senso cronologico è in realtà quella già citata di “Alessandria”.

Nel corso del conflitto vengono costituiti circa una cinquantina di gruppi autonomi di cavalleria, taluni appiedati, altri mitraglieri, altri ancora corazzati e blindati, preposti alla funzione presidiaria o costiera in Patria ed alle operazioni dell’Africa orientale e settentrionale.