La Cavalleria nel dopoguerra

Con la ricostruzione iniziata dal 1946, le unità di cavalleria abbandonano definitivamente l’impiego operativo del cavallo. I reparti montati hanno avuto grande importanza e meriti indiscutibili nel corso del conflitto, ma si è trattato pur sempre di circostanze e ambienti particolari, destinati a diventare marginali. Già le ultime unità costituite prima dell’8 settembre 1943 erano di diversa tipologia ma comunque dotate di mezzi meccanici; l’esperienza dell’Africa settentrionale ha fatto capire chiaramente che il passaggio alla meccanizzazione è inevitabile.

Quella che secondo alcuni è stata una anomalia fino dagli inizi, l’esistenza di una specialità carristi della fanteria e di unità carri di cavalleria, sembra essere superata nell’immediato dopoguerra, quando l’arma di ricostituisce con organici e mezzi finalizzati prevalentemente all’attività a essa più congeniale, l’esplorazione. In realtà si tratta di pura necessità, dal momento che si dispone solo di quei mezzi concessi dalla generosità (o parsimonia) degli alleati americani e inglesi.
Il 1° luglio 1946 si ricostituisce a Tor di Quinto la Scuola di autoblindo, diventata nel 1948 Scuola di cavalleria blindata. A novembre del 1946 rinascono i primi gruppi esploranti divisionali (G.E.D.) destinati alle divisioni di cavalleria, identificati solo attraverso il numero e il nome della specialità: 1° Dragoni e 5° Lancieri. Nel 1949 si ricostituisce lo squadrone Guide per la divisione corazzata Ariete e l’anno successivo il gruppo squadroni Lancieri di Montebello, mentre i G.E.D. si trasformano in reggimenti di cavalleria blindata riprendendo le denominazioni originali. Tornano quindi Nizza Cavalleria, Piemonte Cavalleria, Genova Cavalleria e Lancieri di Novara, ma Savoia diventa Gorizia Cavalleria.
Intanto l’arma contribuisce al corpo di sicurezza inviato in Somalia per le esigenze della amministrazione fiduciaria affidata dall’ONU all’Italia.

Si alternano dal 1950 al 1954 squadroni blindati di Piemonte, Gorizia, Genova e Novara. Nel 1951 si ricostituiscono a Scandiano, trasferiti poi nella sede di Reggio Emilia, i Lancieri di Aosta anch’essi come reggimento di cavalleria blindata. Il 1 luglio dello stesso anno la Scuola di cavalleria blindata confluisce insieme alla Scuola di carrismo nella scuola truppe corazzate con sede a Caserta. Vengono anche costituiti per le brigate corazzate Centauro e Pozzuolo del Friuli due squadroni, rispettivamente Cavalleggeri di Lodi e Lancieri di Firenze. Nel 1953 Nizza e Novara assumono l’organico di reggimenti carri e sono equipaggiati con mezzi di provenienza statunitense.

La crescita di un esercito sempre più consistente e la cessione da parte degli Stati Uniti di materiali pesanti e meno obsoleti sono le prime sono le prime conseguenze della partecipazione dell’Italia alla NATO.
Superata la fase critica dell’immediato dopoguerra, inizia l’era della guerra fredda in cui lo scacchiere nord orientale italiano assume una importanza determinante e, unitamente alla evoluzione della dottrina per l’impiego delle armi nucleari.condiziona per decenni la struttura delle grandi unità dell’esercito.
Nel quadro della riorganizzazione della componente corazzata in particolare della divisione Ariete, lo squadrone Guide viene trasformato in gruppo squadroni nel 1953 e nel 1956 gli squadroni Lodi e Firenze diventano gruppi squadroni per le divisioni corazzate Centauro e Pozzuolo del Friuli. Quest’ultima tuttavia nel 1957 viene riportata al rango di brigata, ma assume denominazione e compiti di brigata di cavalleria, inquadrando i reggimenti Piemonte Cavalleria, Genova Cavalleria e Lancieri di Novara. Viene invece sciolto il gruppo squadroni lancieri di Firenze.
Nel 1958 è infine ripristinata la denominazione originale di Savoia Cavalleria e tre anni dopo il reggimento adotta la caratteristica cravatta rossa.
La costituzione della brigata di cavalleria non solo è importante per il prestigio dell’arma ma risponde a precisi requisiti operativi sempre meglio definiti nel tempo. La disponibilità di una grande unità versatile e capace di manovrare in profondità è essenziale negli scenari che possono determinarsi sulla soglia di Gorizia, come viene ormai identificato in ambito militare quel tratto di confine.

Anche la dottrina si sviluppa in questa direzione, fissando criteri e modalità di impiego per la ricerca e presa di contatto e il frenaggio in quelle difensive. In breve, la brigata di cavalleria deve essere la prima a entrare in azione e l’ultima a ripiegare, come nelle sue migliori tradizioni.
Nel 1959 Nizza Cavalleria da reggimento viene ridotto a gruppo squadroni; analoga sorte tocca nel 1964 a Novara e Aosta e Saluzzo. Tutte le nuove unità assumono la fisionomia di G.E.D. tranne Novara che rimane come gruppo squadroni carri della brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli.
Viene così raggiunta una struttura, rimasta stabile fino al 1975, in cui le unità di cavalleria hanno fisionomia e compiti tipici dell’arma. Sia il Reggimento sia il G.E.D. sono articolati su tre complessi uguali, capaci di agire autonomamente nella esplorazione.
I gruppi tattici originati dal reggimento sono estremamente versatili: comprendono lo squadrone carri, lo squadrone meccanizzato e uno squadrone comando che dispone tra l’altro di esploratori, mortai pesanti, armi controcarro e pionieri. Un effetto per nulla trascurabile di questa soluzione p la possibilità offerta ai quadri più giovani dell’arma di maturare tante diverse esperienze operative. Per la brigata di cavalleria però rimane il punto debole costituito dalla mancanza di un supporto logistico in proprio.

A coronamento di questo processo evolutivo, il 20 maggio 1965, con una solenne cerimonia a Trieste vengono consegnati gli Stendardi ai gruppi squadroni che fino a quel momento hanno potuto mantenere solo il nome dei reggimenti di cui sono eredi. Lo Stendardo che viene consegnato, come quello già custodito dai reggimenti, viene così chiamato solo in omaggio alla tradizione. Il drappo tricolore di 60 centimetri di lato con scudo sabaudo al centro, adottato per la prima volta da Carlo Alberto il 25 marzo 1848 al momento di entrare in guerra con l’Austria e rimasto per un secolo l’insegna dei reggimenti di cavalleria, è infatti sostituito nel dopoguerra con una Bandiera uguale, per forma e dimensioni, a quella delle altre unità dell’esercito. Le dimensioni tradizionali saranno ripristinate solo nel 1999.
Due eventi significativi per le tradizioni e lo spirito dell’arma hanno preceduto la consegna degli Stendardi ai gruppi squadroni: nel 1956 viene consacrato a Voghera il tempio sacrario della Cavalleria italiana; nel 1961 nasce a Pinerolo, nelle stesse strutture che già hanno ospitato la scuola, il museo storico dell’arma di cavalleria.
Il tempio continua a essere al centro di cerimonie e commemorazioni, mentre il museo, arricchitosi negli anni, è tuttora un indispensabile punto di riferimento per studiosi e appassionati dell’arma.
Tra il 1965 e il 1975 non si verificano significativi mutamenti, tranne la graduale introduzione a partire dal 1971 dei nuovi carri Leopard. Il consolidarsi della pianificazione operativa per le unità terrestri nello scacchiere nord orientale lascia un margine esiguo alle esigenze di esplorazione in ambienti ormai ben conosciuti e studiati.
Si avverte piuttosto l’esigenza di incrementare mobilità e potenza di fuoco individuando nelle brigate meccanizzate e corazzate le pedine fondamentali della manovra.

Sono probabilmente queste le motivazioni a base della nuova ristrutturazione che gradualmente negli anni successivi porta le unità di cavalleria a operare come unità carri o meccanizzate.
Abolito il livello reggimento, nel 1975 la brigata Pozzuolo del Friuli si trasforma in corazzata, con il gruppo squadroni meccanizzato Genova Cavalleria e i gruppi squadroni carri Lancieri di Novara e Cavalleggeri di Treviso. Viene poi costituita la brigata meccanizzata Vittorio Veneto sul gruppo squadroni meccanizzato Piemonte Cavalleria, i gruppi squadroni carri Lancieri di Aosta e Lancieri di Firenze.

Delle altre unità di cavalleria, solo Milano, Saluzzo, Lodi e Guide mantengono la fisionomia esplorante; Nizza e Savoia diventano corazzati, Montebello meccanizzato.

Con l’abolizione del livello divisionale nel 1986 Saluzzo diventa gruppo squadroni meccanizzato e passa alle dipendenze della brigata Vittorio Veneto, Milano e Lodi diventano gruppi squadroni carri.
Quando sembra che la cavalleria possa smarrire la sua identità, lo scenario cambia drasticamente. Gli eventi mondiali del 1989 provocano inizialmente in tutte le forze armate una fase di comprensibile incertezza che per l’esercito italiano si traduce in un nuovo periodo di ristrutturazioni in senso riduttivo. La cavalleria perde subito – nel 1989 – i Lancieri di Milano, poi nel 1991 Saluzzo e Treviso e infine nel 1995 Firenze e Lodi.

Nel frattempo, a partire dal 1991, viene ripristinato il livello di reggimento per tutte le unità di cavalleria, anche per Lodi e Firenze prima del loro scioglimento. La brigata Pozzuolo del Friuli dal 1991 riprende la sua denominazione di Brigata di Cavalleria.
Risentono di questi mutamenti anche le strutture scolastiche che tuttavia, dopo la costituzione della Scuola truppe corazzate a eccezione il Centro preolimpionico ippico militare ricostituito nel dopoguerra a Pinerolo, trasferito a Montelibretti nel 1949 e successivamente denominato Scuola militare di equitazione. La cavalleria, non disponendo di una scuola specifica per le esigenze operative dell’arma, si deve avvalere della Scuola truppe corazzate e della Scuola di Fanteria, diventata dal 1984 Scuola di fanteria e cavalleria cui viene affidato lo Stendardo dell’arma.
Nel 1993 lo Stendardo passa alla Scuola militare di equitazione che diventa Scuola di cavalleria, con compiti di formazione per l’impiego operativo del personale dell’arma.
Nel 1999 la Scuola è trasferita a Lecce e svolge le sue funzioni anche a favore dei reggimenti carri: dal 1999 infatti la specialità carristi è transitata nell’arma di cavalleria. Resta a Montelibretti un raggruppamento per l’attività equestre e la RSTA (reconnaissance, surveillance e target acquisition), funzione emergente anche per la cavalleria nei moderni teatri operativi.
Negli ultimi quindici anni, tra il 1991 e il 2004, la cavalleria ha subito una sensibile riduzione in termini numerici: da 13 gruppi si è giunti a 8 reggimenti. Occorre precisare che l’organico dei reggimenti di oggi prevede un solo gruppo squadroni. C’è stata tuttavia un’innovazione rivelatasi determinante per riportare l’arma al suo peculiare impiego: l’introduzione (sarebbe più corretto dire il ritorno) dell’autoblindo come principale mezzo da combattimento.

La Centauro, questo è il nome del mezzo di produzione nazionale, viene concepita negli anni ’80 come alternativa al carro armato, perché più economica e soprattutto più adatta all’ambiente naturale dello scacchiere nord est italiano.
La sua versatilità tuttavia si rivela preziosa anche nei nuovi scenari, dalla Somalia ai Balcani, fino a quelli attuali dell’Afganistan e dell’Iraq Lo spirito che ha sempre animato le unità dell’arma, anche quando hanno assunto fisionomia non propria come quella meccanizzata o carri, ha consentito di mantenere inalterate negli uomini le capacità richieste con il nuovo mezzo e nelle nuove situazioni operative. La missione in Libano cui partecipata dal 1982 al 1984 un plotone di Lodi con autoblindo leggere allo9ra assegnate ad hoc può essere considerata una anticipazione di quanto dovrà accadere nel decennio successivo.
In Somalia, dove si alternano tra il 1993 e il 1995 squadroni su blindo centauro di Guide, Montebello, Firenze e Novara, cade il sottotenente Andrea Millevoi alla cui memoria viene concessa la medaglia d’oro al valor militare. Con i Balcani inizia nel 1995 un periodo di impegno molto intenso per l’arma, proprio nella delicata fase di transizione in cui si stanno sostituendo gradualmente i soldati di leva con i volontari, i soli che per legge possono essere impiegati in operazioni all’estero. In ogni contingente inviato fuori dal territorio nazionale è presente e commisurato all’entità globale della forza un reparto di cavalleria.

I mezzi in dotazione e la capacità degli uomini consentono sempre la versatilità necessaria per assolvere i compiti più svariati propri delle missioni di supporto alla pace. Tutti gli attuali otto reggimenti hanno fornito il proprio contributo e l’impegno dell’arma prosegue in ogni teatro operativo.